3di3 - Capitolo 2

due palle
Quando mi sentivo debole, lei mi guardava come se fossi un pesce senza ossigeno,
mi ha tenuto settimane rinchiuso in quella scatola a forma di cuore che tiene nel petto,
mi ha trascinato con una trappola magnetica in quel pozzo di catrame.
Vorrei poter divorare questo suo cancro quando tornerà indietro,
vorrei poter ingoiare il fango che lo nutre, violentare l'involucro che lo domina.
Le genziane sono dischiuse e le loro radici non mi danno ancora la pace,
vorrei che ti scarnificassero, fino a quando ogni fibra, ogni membra del tuo corpo,
si mescolerà al sole intrappolato dalle foglie, ingrassando quei fiori che tanto ti piacevano.
Vorrei vorrei vorrei, ma a chi vuoi che importi più ormai? Sono passati tanti di quei giorni.
Saranno settantadue, settantaquattro lune forse, non sono cose da segnare sul calendario,
e come ogni ricordo doloroso, giacché è coperto da un velo menzognero,
non lascia trasparire che qualche traccia del vero.
L'acqua pioveva calma, calda, imperturbabile, e il buio,
il buio s'ingozzava del colore della notte, e trangugiando se stesso si trascinava appresso anche l'immaginazione;
e in tutto questo, sono riuscito a mentire: due palle!!
Due palle le ho raccontato!
La prima, fu quella del gatto, incastrato tra i legni marci accatastati fuori, sul retro della casa, non era un lavoro da fare in due.

La seconda, subito dopo, quando le promisi di lasciar perdere le genziane, e dopo averla legata e imbavagliata la seppellii là sotto.


[Nel prossimo capitolo: la terra è finita, andate in brace]

[Questo racconto è stato pubblicato su   Postnarrativa ]

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