3di3 - Capitolo 1
Questo
racconto
lo dedico a
chi mi ha
pazientemente
donato il suo
essenziale,
pregiato,
impagabile
tempo
tra le macchie sbiadite di questa
natura umana, tanto artificiale quanto ormai decadente,
comincio a comprendere l'esimio
collega che scelse il buio della propria dimora,
particolarmente in questi iridescenti
giorni estivi carichi di aria greve.
Perché quando è la penna a impugnare
lo scrittore,
QUOD DEUS AVERTAT!
cose
storte e malasorte
L'acqua
di quelle parti la ricorderò sempre: calda, trasparente, imperturbabile.
Proprio
come ora. Non cambia mai un cazzo, muore qualcuno raramente.
L'altra
volta è morto uno sbirro. Il paese fu in festa dal primo sorgere del sole fino
a quando si spense tuffandosi nel mare, per poi reincendiarsi nell'atmosfera
del mattino seguente; però era un ragazzo, seguirono sette giorni di lutto, e
in giro neanche un sasso da prendere a calci.
Un
tale, di nome GianMarco, rimase piedi-piedi col motore, « una
rovina! » direbbero alcuni,
« alla
catastrofe!! » insorgerebbero altri, ma mai situazione terrena può essersi
trovata più lontana dal dare libero sfogo ai polmoni e urlare « alla
disgrazia!!! » , perché <<beep-beep!!>> ecco il suono
conosciuto di un'automobile, il cui conducente non solo si chiama Stefania e
ciò ne denota il complesso delle caratteristiche strutturali e funzionali che
distinguono in una stessa specie i maschi e le femmine, con particolare
riguardo agli organi della riproduzione, ma non dimentichiamo che Stefi è
segretamente innamorata di GianMi da quando un giorno, in seconda elementare,
GieMMe si trovò proprio davanti a lei quando casualmente si aprì la porta del
bagno e, Panni o Stefi o Pannolino, come tutti si scialavano a chiamare
Sté da quel giorno, svelò a malincuore il suo increscioso segreto.
Fortuna
che il tempo è come uno schiacciasassi, passa anche sopra la crudeltà dei
bambini, ed i due si ritrovavano qui, adulti, sani, bramosi di sapere cosa si
prova nell'assecondare il proprio desiderio di carne e umori ardenti, e il
tutto, in una sola notte.
Dico
io,
ma Dio,
non
poteva evitare lo schianto finale?
Il
ruzzolo, il capitombolo, il naufragar dei giochi giù per la montagna?
Che poi
mi chiedo se il colpo, quello giusto, sia stato più l'impatto col guard rail o
l'esplosione venuta dopo,
'ché
ancora le vacche se lo ricordano quanto hanno corso per sfuggire alle fiamme,
fino al
fondo della valle.
Che poi
sarà stato pure Dio a chiamarseli, ma lei era famosa per le seghe al volante.
Adesso che ho solleticato la vostra attenzione,
possiamo procedere con l'opera letteraria vera e propria, versione integrale,
senza tagli e in lingua originale.
[Nel prossimo capitolo: duepalle]
Commenti
Posta un commento